La Bce taglia i tassi
- Maria Chiara Sabato
- 7 giu 2024
- Tempo di lettura: 3 min
Per la prima volta dal 2019 il 7 giugno 2024 la Banca centrale europea ha tagliato i tassi. Con una riduzione di un quarto di punto percentuale, la Bce ha portato il tasso sui rifinanziamenti principali dal 4,50% a 4,25%, sui depositi dal 4 al 3,75% e il tasso sui prestiti marginali scende da 4,75% a 4,50%.

La decisione ha visto l’opposizione del solo governatore della banca austriaca. Anche se per i consumatori è una boccata d’aria, secondo Lagarde la riduzione dei tassi seguirà «un percorso accidentato» e le prossime decisioni saranno prese «meeting dopo meeting», quindi a seconda delle situazioni future.
Nonostante gli sforzi, l’inflazione non ha ancora raggiunto l’obiettivo del 2%: “l’inflazione resterà verosimilmente a livelli più alti del target per gran parte del 2025”, ha detto Lagarde in conferenza stampa. A ottobre 2022 l’inflazione era del 10,6%, poi è calata al 5,2% a settembre 2023 fino a maggio 2024. Oggi è in risalita al 2,6%.
Allo stesso tempo, malgrado i progressi degli ultimi trimestri, persistono forti pressioni interne sui prezzi poiché la crescita delle retribuzioni è elevata; l’inflazione resterà probabilmente al di sopra dell’obiettivo fino a gran parte del prossimo anno.
Le ultime proiezioni formulate dagli esperti dell’Eurosistema per l’inflazione complessiva e quella di fondo sono state riviste al rialzo per il 2024 e il 2025 rispetto alle proiezioni di marzo.
Gli esperti indicano ora che l’inflazione complessiva si collocherebbe in media al 2,5% nel 2024, al 2,2% nel 2025 e all’1,9% nel 2026. L’inflazione al netto della componente energetica e alimentare si porterebbe in media al 2,8% nel 2024, al 2,2% nel 2025 e al 2,0% nel 2026.
Ci si attende che la crescita economica aumenti allo 0,9% nel 2024, all’1,4% nel 2025 e all’1,6% nel 2026. Il Consiglio direttivo della Bce è determinato ad assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione al suo obiettivo del 2% a medio termine.
Manterrà i tassi di riferimento su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario a conseguire questo fine.
Ma cosa cambia per i consumatori? La risposta arriva dalla Fabi, la Federazione dei bancari italiani. Secondo l’associazione, le rate dei vecchi mutui a tasso fisso, cioè quelli erogati fino alla fine del 2021/inizio 2022, non cambiano e resteranno intatte fino al termine del piano di rimborso.
Le rate dei vecchi mutui a tasso variabile sono cresciute fino al 78% in più: vuol dire che chi pagava una rata di circa 500 euro al mese, oggi paga, al mese, 890 euro ovvero 390 euro in più.
A partire da luglio 2022, i nuovi mutui a tasso fisso sono passati da un interesse medio di circa l’1,8% anche fino a oltre il 6% nel 2023 con le rate mensili che, pertanto, sulla base delle offerte delle banche, erano anche più che raddoppiate.
Nel corso del 2023, i nuovi mutui a tasso variabile erano arrivati anche oltre il 6% dallo 0,6% di fine 2021, oggi la media è pari al 3,67%: vuol dire che per un prestito da 150.000 euro della durata di 20 anni la rata mensile è di 1.180 euro, ben 515 euro in più (+77,4%) rispetto a quella che si sarebbe ottenuta due anni fa ovvero 665 euro.
La Fabi fa anche una simulazione sul taglio dei tassi: un mutuo per una prima casa di 200.000 euro con un tasso fisso medio 3,45 e durata 25 anni ha una rata mensile 1.006 euro, se il tasso è del 5,25% la rata mensile è di 1.212 euro. La differenza è di 61.977 euro (-7%).
Per acquistare un’automobile da 25.000 interamente a rate, con un finanziamento da 10 anni, il costo totale è passato da 37.426 euro di fine 2021 a 48.961 euro di fine 2023, mentre adesso potrebbe scendere a 38.101 euro, con un risparmio complessivo di 10.859 euro (-22,2%) rispetto ai tassi di fine 2023.
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